4° incontro (8 febbraio 2020) Terzo Capitolo

Diap. 40-41:
Il terzo capitolo si intitola: “La radice umana della crisi ecologica”.
Cercare il motivo ultimo che spinge l’uomo ad agire in modo da creare questa situazione di ingiustizia economico-sociale, crisi ambientale e mancanza di rispetto perfino per la natura umana è necessario per individuare il punto da cui iniziare per invertire la rotta.
Cos’è il “paradigma tecnocratico dominante”?
Iniziamo da cosa non è:
1. non si tratta di accusare o guardare con sospetto la scienza e la ricerca del vero
2. neppure la tecnologia è sotto accusa (vedi le citazioni di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: “la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana”, “la tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affiggevano e limitavano l’essere umano”), e non solo perché è utile: “si può negare la bellezza di un aereo o di alcuni grattacieli?”.
3. il problema nasce nel cuore dell’uomo perché la scienza e la tecnologia danno un potere che può far perdere il senso del limite: il potere – mai esistito in questa misura nella intera storia dell’umanità – fornito dalla tecnoscienza diventa una tentazione che corrompe gli ideali di giustizia, dignità e rispetto della persona, umiltà ecc.
Insomma: bisogna rompere l’assioma “ogni aumento di conoscenza, tecnologia, potere si traduce automaticamente in progresso per l’umanità”. Come è stato già osservato, specialmente dopo Hiroshima e Nagasaki, la velocità con cui è aumentato il potere dell’umanità non corrisponde alla velocità con cui è cresciuto il senso morale necessario ad usare quel potere. È un po’ come quando si è deciso di vietare le auto troppo potenti ai neopatentati, visto che provocavano continuamente incidenti mortali, non riuscendo a gestire il veicolo a velocità eccessive. Paradossalmente ci vorrebbe un osservatore alieno che decidesse di volta in volta a quali tecnologie l’umanità può avere accesso, in base a quanto ci vede responsabili nel loro uso.

Diap. 42-43:
Cosa vuol dire Papa Francesco con “globalizzazione del paradigma tecnocratico”?
Che ogni progetto, utopia, speranza dell’umanità è – più o meno consapevolmente – segnata dalla visione del mondo e della storia che, a partire dalla potenza conoscitiva regalata all’umanità dalla scienza moderna, l’ha fatta illudere che conoscere il funzionamento di
qualcosa equivalga a possederla, poterla modificare a piacimento, insomma esserne i dominatori assoluti.
Nel rapporto con la natura questo ha portato al suo sfruttamento “senza rispetto”, ma in altri ambiti produce effetti altrettanto devastanti, come le ingiustizie sociali sempre più estese, violazioni della dignità umana e della natura umana (considerata “a disposizione dell’umore del singolo”), dell’economia e della finanza, che non ammettono di doversi inserire in un contesto che mette loro dei limiti, ecc.
Anche se nessuno più afferma che la fame nel mondo e le ingiustizie sociali si risolveranno automaticamente con lo sviluppo del libero mercato, di fatto tutti gli organismi mondiali e la politica agiscono come se questo fosse vero.
In ultima analisi, un effetto collaterale della scienza e della tecnologia, che per loro natura sono analitiche – quindi tendono a specializzarsi molto profondamente, e a frammentare il sapere – è stato rendere più difficile una visione di insieme, uno sguardo capace di cogliere a complessità del problema. E dice Papa Francesco che la questione ambientale e quella della povertà sono così complesse che non si possono affrontare con progetti settoriali.
Per gli interventi in questi ambiti bisogna che la scienza ascolti anche la filosofia e l’etica sociale, al fine di avere una visione più adeguata.

Diap. 44:
Una serie di interventi isolati per risolvere singoli problemi ambientali (o sociali) non porterà a nulla, perché tutto è collegato. Ci vuole una visione di insieme, educativa, di mutamento di stili di vita, di progetto di futuro che miri alla felicità e non solo all’accumulo di beni.
Da questo punto di vista ci sono elementi positivi, come la ormai diffusa consapevolezza che il progresso scientifico e lo sviluppo economico, da soli, non risolveranno i problemi importanti. Con questo nessuno intende rinunciare ai vantaggi del progresso tecnologico. Si tratta solo di capire quali elementi portano ad un vero progresso del genere umano, anche delle fasce più deboli, e cosa invece è insostenibile o addirittura dannoso.

Diap. 45:
“Crisi e conseguenze dell’antropocentrismo moderno” è il titolo dell’ultimo paragrafo.
Vedere il proprio ruolo come quello di un prometeico dominatore del mondo ha presentato come opera da “deboli” (forse voleva dire “sfigati”) prendersi cura della natura: gli uomini veri, potenti, trasformano il creato a proprio uso e consumo… e i “figli dei fiori” si illudono di salvare il mondo proteggendo qualche albero.

Diap. 46:
È importante evitare di leggere la critica al ruolo di dominatore assoluto come una accettazione di una visione in cui ogni essere vivente è uguale (biocentrismo=uomo è uno dei tanti frutti casuali dell’evoluzione, con diritti uguali a quelli di ogni altro essere vivente, pescecane o virus che sia). Gli elementi che distinguono l’uomo, elencati da Papa Francesco richiedono una attenta riflessione:
• conoscenza
• volontà
• libertà
• responsabilità
Un altro pericolo, nel rifiutare la visione in cui i diritti della specie umana sono prevalenti su ogni altra considerazione, è quello di oscurare la dimensione sociale dell’uomo: “va bene, l’uomo può pensare e decidere, ma deve inserirsi nella natura senza “antropizzarla”, senza che la sua voglia di comunicare crei strade, ponti, porti, ecc.”. Questo è inaccettabile, perché la dimensione sociale è costitutiva per l’uomo! (Individualismo romantico travestito da bellezza ecologica [119]).
Per non parlare della relazione con Dio…

Diap. 47:
Qui andiamo nel difficile, in quanto Papa Francesco vuol dimostrare che l’antropocentrismo deviato porta facilmente a stili di vita sregolati: non lo si ammette, neppure a se stessi, però di fatto si vive come se non esistessero regole o valori assoluti. È il relativismo pratico.
“Tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi immediati” [122].
Come spiegare altrimenti che un essere umano trovi legittimo ridurre in schiavitù un altro essere umano a causa di un debito, o sfruttare sessualmente i bambini, abbandonare gli anziani.
Affermare che l’economia inevitabilmente danneggia l’ambiente e la società umana, ma il libero mercato aggiusta tutto (come ha fatto Trump a Davos) o pensare a vendere gli organi dei poveri, o rifiutare i bambini che non rispondono ai desideri dei genitori sembrano cose impossibili, a meno di pensare che nella mente di chi fa queste affermazioni si è insinuato il principio che non ci sono verità assolute, ma tutto è relativo al mio bisogno, al mio desiderio o anche al vantaggio immediato dell’umanità.
Questo è un grave ostacolo, perché non bastano le leggi quando è la cultura stessa ad essere corrotta.

Diap. 48:
Citando la Caritas in veritate [32]* “costi umani sono sempre anche costi economici” Papa Francesco ricorda che non si può risolvere il problema dell’efficienza e competitività di una azienda automatizzandola e riducendo all’osso il personale.
Come succede sempre, quando si trova una scorciatoia, questo all’inizio funziona, poi però i danni per la società sono tali che la situazione diviene insostenibile. Faccio un esempio: se una azienda è completamente meccanizzata, farà prodotti meno costosi, e magari anche migliori delle altre, facendo grandi ricavi, che riversati nell’economia la sviluppano.
Poi però, quando l’automazione diventa la regola, e anche le aziende concorrenti la imitano e tutte producono beni praticamente senza personale, chi comprerà quei prodotti, visto che le persone sono quasi tutte senza reddito? O vogliamo fare una intera società col reddito di cittadinanza?
Ecco qui la importanza del lavoro per la dignità dell’uomo, che diventa anche necessario per il funzionamento dell’economia stessa.
* questo numero va letto fino in fondo!![…] I costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani.
Va poi ricordato che l’appiattimento delle culture sulla dimensione tecnologica, se nel breve periodo può favorire l’ottenimento di profitti, nel lungo periodo ostacola l’arricchimento reciproco e le dinamiche collaborative.
È importante distinguere tra considerazioni economiche o sociologiche di breve e di lungo termine. L’abbassamento del livello di tutela dei diritti dei lavoratori o la rinuncia a meccanismi di ridistribuzione del reddito per far acquisire al Paese maggiore competitività internazionale impediscono l’affermarsi di uno sviluppo di lunga durata.
Vanno, allora, attentamente valutate le conseguenze sulle persone delle tendenze attuali verso un’economia del breve, talvolta brevissimo termine.
Ciò richiede una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni.
Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo.

Diap. 49:
Ma se non è giusto puntare ad eliminare del tutto il lavoro umano con l’automazione e l’intelligenza artificiale, quali alternative legittime ci sono? E come combinare insieme l’obiettivo di occupazione dignitosa per tutti con la sostenibilità economica delle aziende?
Perché il progresso tecnologico e l’economia di scala hanno portato beni e servizi che sono evidentemente irrinunciabili.
Quello che propone Papa Francesco è di governare politicamente questo processo per evitare che la convenienza economica schiacci del tutto le economie locali e artigianali negli ambiti in cui sono socialmente e ambientalmente importanti ad evitare la dissoluzione degli habitat culturali ed ecologici.
Non dobbiamo dimenticare che – tutt’ora – la grande maggioranza degli esseri umani vive in economie rurali non automatizzate!

Diap. 50:
Sulla ricerca scientifica il documento si richiama al Catechismo della Chiesa Cattolica e alla posizione molto equilibrata di San Giovanni Paolo II: il grande rispetto per la scienza e le sue conquiste, ma il richiamo a rispondere in coscienza alla legge superiore del Bene dell’uomo e il rispetto per la creazione.
Papa Francesco ricorda che gli effetti del potere tecnologico non sono solo quelli diretti, ma ci sono anche conseguenze – a volte inaspettate
– In molte zone, in seguito all’introduzione di queste coltivazioni [OGM], si constata una concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi, dovuta alla « progressiva scomparsa dei piccoli produttori, che, in conseguenza della perdita delle terre coltivate, si sono visti obbligati a ritirarsi dalla produzione diretta ».
I più fragili tra questi diventano lavoratori precari e molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani.