2° incontro (9 novembre 2019) Primo capitolo

Diap 9:

Prima di dare delle valutazioni, illuminate dalla fede e dalla ragione, Papa Francesco inquadra con precisione di cosa si sta parlando: per ben 5 paragrafi si sofferma sui problemi che vuole affrontare, descrivendone lo stato attuale, le relazioni intrinseche, sottolineando in ogni riga la relazione stretta che c’è fra inquinamento e povertà, danni all’ambiente ed emarginazione sociale. Alla fine di questa analisi ci sarà un paragrafo per valutare le reazioni che ci sono state a livello internazionale e locale, ed uno sulle opinioni (più o meno sensate) che circolano in merito.

Diap 10:

Come giustamente fatto osservare l’altra volta, proprio nello stesso periodo in cui Papa Francesco pubblicava l’enciclica, l’ONU votava la “Agenda 2030” con gli obiettivi da raggiungere per uno sviluppo sostenibile. Molti dei punti citati nell’enciclica (quasi tutti direi!) sono presenti negli obiettividell’agenda che vedete in questa slide. Citerò di volta in volta quelli più pertinenti.

Diap 11:

Ed iniziamo con l’analisi. La prima osservazione – di carattere generale – è che il cambiamento non è in sé negativo, ma noi assistiamo, ormai da decenni, ad una accelerazione talmente vorticosa di questo cambiamento che è “innaturale” nel senso che la natura non riesce ad adattarsi alle mutate circostanze (ne’ l’ambiente, ne’ la natura umana! – aggiungo io), ed è anche un cambiamento “incontrollato”, nel senso che non c’è una logica, un traguardo chiaro che orienta questo cambiamento. Come tale quindi il progresso tecnologico prende direzioni imprevedibili, non sempre a favore dell’uomo! Come esempio evidente il Papa prende quello del peggioramento delle condizioni di vita di grandi masse di poveri (ad es. delle periferie urbane e dei territori degradati dall’inquinamento), ovviamente un effetto non voluto e imprevisto del progresso.

Diap 12:

Entrando nel primo dei paragrafi dedicati all’analisi della situazione, Papa Francesco attribuisce gran parte della responsabilità dell’inquinamento al modo in cui è organizzata la produzione umana. Mentre la natura si sviluppa per cicli chiusi (da ogni prodotto di un processo naturale parte un nuovo processo che lo vede come risorsa di partenza), la produzione umana ha svolgimento lineare: da una materia prima ad un prodotto finito, con una serie di sottoprodotti indesiderati (scarti di lavorazione). È la cultura dello scarto! Anche se si è iniziato a considerare, e quindi emettere norme per evitare, l’inquinamento dovuto alla fine dell’uso di un prodotto (norme RAEE, ecc.) invece di abbandonarlo in discariche (norme che a livello globale non credo siano molto diffuse e forse poco applicate anche dove esistono…), rimane il grosso problema dell’abbattimento dell’inquinamento dovuto agli scarti. Se dovessimo vendere un prodotto considerando nel prezzo anche tutto quello che serve ad annullare gli effetti negativi della produzione e della sua dismissione a fine vita, probabilmente molti oggetti di uso comune costerebbero decine di volte di più!

Diap 13:

Appellandosi alla scienza Papa Francesco vuole sgomberare il campo da opinioni e valutazioni personali sui cambiamenti climatici: è il consenso quasi unanime degli scienziati a dire che è in atto un riscaldamento globale, e che è dovuto in parte molto significativa alla azione dell’uomo, anche se si elencano i fattori naturali conosciuti che possono essere chiamati in causa come corresponsabili. Al num. 23 si cita il vulcanismo, le variazioni dell’orbita terrestre e il ciclo solare, fenomeni che anche in passato hanno creato ere glaciali e non. La velocità del cambiamento (decine di anni invece di milioni di anni) fa capire anche ai più sprovveduti che la spiegazione non può essere tutta naturale. In particolare è chiamato in causa l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione

Diap 14:

Collegando nuovamente emergenza ambientale ed emergenza sociale, Papa Francesco fa notare che le popolazioni che saranno (e in parte già sono) più duramente colpite dalle conseguenze dai cambiamenti climatici sono quelle più povere, infatti:
• molte delle zone del mondo a rischio inondazione da parte degli oceani sono in paesi in via di sviluppo
• i poveri dipendono in larga parte per il loro sostentamento dall’agricoltura e la pesca (e se ci sono migrazioni o impoverimento delle risorse naturali non hanno altre fonti di sussistenza)
• non avendo risorse economiche e conoscenze tecnologiche, non sono in grado di affrontare il cambiamento con la stessa facilità dei popoli più ricchi
• quando migrano per sfuggire alla fame o alle inondazioni, non gli viene riconosciuto lo status di rifugiati, ma sono considerati migranti “economici” – e come tali non tutelati dalle convenzioni internazionali

Diap 15-16:

Un intero paragrafo è dedicato alla questione dell’acqua potabile. Può sembrare uno dei tanti problemi, ma Papa Francesco vuole sottolineare come un problema che sembra marginale alle classi agiate dei vari paesi del pianeta diventi un problema di vita o di morte per i più poveri: nell’antichità la stragrande maggioranza della popolazione aveva accesso gratuito all’acqua potabile. Complice l’urbanizzazione e la sregolata crescita dei quartieri più poveri – soprattutto per le infrastrutture fognarie – e la mancanza ancora oggi in molti paesi del trattamento degli scarichi sia industriali che abitativi, molte falde acquifere non possono più essere considerate potabili. Quanto tempo è passato dagli acquedotti romani! L’esempio dell’Africa, dove la popolazione più povera muore di siccità, e del resto del mondo dove i più poveri si ammalano di colera e di dissenteria soprattutto perché non hanno accesso ad acqua potabile è lampante. La cosa più sconcertante secondo il Papa è che perfino nei paesi in via di sviluppo ci sono settori della società che sprecano l’acqua e magari a poca distanza poveri che la devono pagare a prezzi per loro inaccessibili. Secondo alcuni studi la guerra economica per il possesso e il commercio dell’acqua potabile potrebbe essere una delle più gravi cause di conflitto nei prossimi decenni.

Diap 17-18:

Il paragrafo che segue si concentra sulla perdita di biodiversità. Anche in questo caso Papa Francesco suggerisce motivazioni e punti di vista che possono interessare non solo i credenti:
1. una motivazione molto interessata è che “le diverse specie contengono geni che possono essere risorse-chiave per rispondere in futuro a qualche necessità umana”, “non solo per l’alimentazione, ma anche per la cura di malattie” o altro! [32] (vorrei ricordare che i modi in cui la natura trova soluzioni ai problemi sono del tutto inaspettate => sintesi clorofilliana, per l’efficienza con cui intrappola i fotoni sembra sfruttare una sovrapposizione di stati quantistici, i recettori dell’odore nel naso sembrano individuare gli atomi in base alle frequenze di risonanza degli elettroni; per cui perdere una specie può voler dire perdere una soluzione efficiente trovata in miliardi di anni di tentativi da parte della natura)
2. poi c’è la motivazione teologica: una specie ha valore in se stessa, per il fatto di esistere ed essere stata creata per dare lode a Dio. Ogni specie che si perde per colpa nostra è un affronto al Creatore, che ci aveva chiesto di custodirla
3. infine abbiamo una motivazione ecologica (nel senso tradizionale): il delicato equilibrio degli ecosistemi è spesso mantenuto anche da specie di cui non conosciamo neppure l’esistenza, o di cui abbiamo sottovalutato l’importanza per la loro esiguità numerica o dimensionale. Quando li sterminiamo ci accorgiamo che il sistema non funziona più – magari dopo decenni – ed è troppo tardi per rimediare. È vero che una certa attenzione ecologica ha portato alcuni paesi a creare “riserve naturali” in cui ogni attività dell’uomo è vietata, ma questi paesi sono ancora troppo pochi (vedi Sinodo sull’Amazzonia)

Diap 19:

Nell’ambito della perdita di biodiversità un ambiente molto importante è l’oceano [40-41] perché in esso è contenuto la maggior parte della vasta varietà di esseri viventi, ed è minacciato, come sappiamo, da molte cause di origine umana. Papa Francesco cita l’inquinamento risultante da:
• deforestazione
• monoculture agricole
• rifiuti industriali
• metodi distruttivi di pesca (dinamite e cianuro!!)
Oltre a tutto ciò, anche l’aumento di temperatura degli oceani contribuisce ad uccidere molte specie.

Diap 20-21:

l quarto e quinto paragrafo affrontano la questione sociale ed economica, e, sottolineando la tesi centrale del documento, ne mostrano lo stretto legame con quella ambientale. Secondo Papa Francesco, il motivo per cui la crisi sociale fa parte del problema ecologico non è solo perché l’essere umano fa parte della natura: ci sono delle evidenti relazioni di causa ed effetto fra ingiustizia sociale, malessere anche spirituale/relazionale dell’uomo e inquinamento ambientale. Entrambi questi problemi hanno poi una stretta relazione con la crisi economica! Vi cito solo 10 dei ragionamenti riportati nei numeri 43-52 (sono 8 pagine!!)
1. la disordinata crescita delle città le rende invivibili non solo dal punto di vista della salute, ma anche per i problemi di trasporto e il rumore
2. molte città consumano in modo inefficiente acqua ed energia
3. ci sono quartieri, anche di recente costruzione, privi di spazi verdi
4. la privatizzazione di zone di particolare bellezza ne impedisce l’accesso dei cittadini
5. ci sono quartieri residenziali “ecologici” che sono resi accessibili solo a pochi
6. alcune innovazioni tecnologiche provocano devastanti effetti occupazionali
7. la globalizzazione ha spinto il narcotraffico
8. la crescente disuguaglianza nell’accesso all’energia e altre risorse provoca aumento della violenza
9. i nuovi media digitali, quando diventano onnipresenti, sommergono la capacità critica e la profondità del pensiero
10. le relazioni on-line possono essere facilmente eliminate quando danno fastidio, risultando innaturali, mascherando la complessità della esperienza personale Il fatto di non considerare il problema povertà come collegato a quello ambientale, secondo
Papa Francesco deriva anche dal fatto che molti di quelli che studiano, scrivono e decidono negli organismi nazionali e internazionali vivono lontani dai poveri, nelle città, in aree sicure e protette.

Diap 22:

Nella sconcertante constatazione che agli allarmi, anche autorevoli, non ci siano state reazioni proporzionate, Papa Francesco giunge a mettere in guardia dalle pur lodevoli azioni di poteri economici/tecnologici che “distraggono” chi richiede loro un cambiamento di rotta con gesti poco più che simbolici: fanno azioni filantropiche isolate, ma rifiutano tenacemente di mettere in discussione ciò che porta loro profitto – anche se risultasse devastante per l’ambiente.

Diap 23-24:

Nell’ultimo paragrafo vengono presentati punti di vista estremi, come quello che ha una fiducia cieca nel progresso e si rifiuta di considerare la situazione attuale, convinto che sia solo un momento di passaggio; o quello che – in una totale sfiducia nella capacità dell’uomo di rispettare la natura – crede che l’unica soluzione sia impedirne la crescita e la possibilità di manipolare il creato. Papa Francesco crede che ci sia una posizione corretta, che vede quanto l’uomo faccia e abbia fatto di sbagliato, ma crede anche nella sua possibilità di conversione. A questo riguardo, seguendo un principio della DSC, si afferma che la Chiesa non ha soluzioni definitive in ambito ambientale, come in ambito economico: nella Caritas in Veritate Benedetto XVI al numero 9, affermando che “la Chiesa non ha soluzioni tecniche” su come organizzare economicamente la società, cita Gaudium et Spes n. 36: un paragrafo dal titolo “Legittima autonomia delle realtà terrene” e cita la Populorum Progressio di Paolo VI, al n.13, in cui si afferma che la Chiesa non pretende “minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati”. Si appella però ad un dibattito ONESTO fra gli scienziati, perché la gravità della situazione non venga nascosta dagli interessi del denaro e del potere.

Diap 25-26:

E cosa dicono gli scienziati, che sono chiamati in causa? Se guardiamo ai messaggi autorevoli, nati non in qualche circolo ideologico, ma firmati da migliaia di docenti e ricercatori sparsi per il mondo troviamo (almeno) due ammonizioni. È chiaro il messaggio; nel calcio dopo due ammonizioni c’è l’espulsione… se non vogliamo che il genere umano venga espulso dal pianeta (che è già stato buono e non ci ha espulso al secondo cartellino giallo) dobbiamo cambiare modo di giocare! Gli scienziati si dicono anche disposti a sostenere nelle loro scelte coloro che devono prendere decisioni, e per rendere più chiaro il discorso, allegano grafici molto chiari e convincenti.

Diap 27-28:

Vi invito a soffermarvi soprattutto sul numero di eventi naturali catastrofici, che passano dai poco più di 200 all’anno del 1980 ai quasi 800 del 2018, con un trend costante (penultimo grafico della seconda immagine) o la perdita di massa dei ghiacci in Groenlandia (3000 miliardi di tonnellate perse solo negli ultimi 10 anni, 6° grafico della stessa immagine). Anche l’aumento pauroso del numero dei ruminanti (da 2.8 miliardi nel 1980 a 4 miliardi nel 2018, 3° grafico della prima immagine) contribuisce a distruggere il pianeta, perché come sapete per produrre un kg di carne si consumano tanti vegetali e conseguentemente acqua, che basterebbero a sfamare e dissetare una intera famiglia per mesi.

Diap 29:

Ecco le raccomandazioni sugli obiettivi urgenti indicate dagli scienziati:
1. La prima riguarda il settore energetico. Bisogna sostituire i combustibili fossili con fonti rinnovabili a basse emissioni, lasciare sotto terra le rimanenti scorte di gas e petrolio, eliminare i sussidi alle compagnie petrolifere, e imporre tasse sul carbonio sufficientemente elevate per scoraggiare l’impiego degli idrocarburi.
2. La seconda comporta la riduzione, e rapida, di emissioni di metano, polveri sottili, idrofluorocarburi e altri inquinanti climatici non persistenti. Questo potrebbe ridurre di oltre il 50% la tendenza al riscaldamento globale a breve periodo.
3. Poi, terza, viene la natura. Secondo gli esperti si deve ripristinare e proteggere ecosistemi come foreste, praterie, torbiere, zone umide e mangrovie e consentire a questi ecosistemi sequestrare l’anidride carbonica atmosferica.
4. Tocca poi al cibo, la quarta raccomandazione. Il nostro modo di mangiare sta erodendo le riserve del Pianeta. È necessario passare ad una dieta più bilanciata e a base di vegetali (riducendo soprattutto le carni rosse). Il cambiamento dietetico ridurrebbe notevolmente le emissioni di metano e altri gas serra e consentirebbe la coltivazione di cibo per il nostro consumo piuttosto che per l’alimentazione del bestiame.
5. La quinta tocca l’economia. È arrivato il momento di convertirsi a una economia carbonfree per riavvicinare l’umanità alla biosfera e allontanarla dall’obiettivo, ormai superato, incentrato sulla crescita del prodotto interno lordo. Solo così si possono sfruttare gli ecosistemi in modo da mantenere a lungo la sostenibilità delle risorse della biosfera. L’obiettivo dell’economia, che è il benessere dell’uomo, può essere raggiunto più facilmente con la lotta alle disuguaglianze e il soddisfacimento dei bisogni primari, che con la crescita indefinita della produzione di beni e servizi.
6. Infine – sesta raccomandazione – c’è la crescita della popolazione, che continua. Bisogna invertire la rotta perché la popolazione umana aumenta ancora di oltre 200.000 persone al giorno. Ciò va fatto applicando approcci che garantiscano giustizia sociale ed economica, promuovendo la cultura, soprattutto dove le donne ne sono escluse, e la tutela dei diritti e della salute.

In definitiva gli interventi urgenti indicati dagli scienziati coincidono in buona parte con

l’agenda ONU 2030, e in particolare con gli obiettivi n° 4, 5, 7, 10, 13 e 15